Diritto penale e discriminazione delle persone lgbtqia+

Paolo Caroli

Ricercatore di diritto penale, Università di Torino

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Il contributo analizza le risposte offerte dal diritto penale italiano alla discriminazione delle persone lgbtqia+, in primo luogo analizzando le diverse fattispecie di reato in cui è possibile sussumere molte forme di omotransfobia, sia fisica che verbale. Nella seconda parte, invece, si prenderanno in considerazione i vuoti di tutela: i casi di discriminazione e propaganda per i quali il diritto penale non dispone di strumenti di persecuzione e punizione. In assenza di un intervento legislativo ad hoc, dunque, vi sono forme di discriminazione che non trovano alcuna sanzione da parte del nostro ordinamento e sono perciò penalmente lecite. Nel corso della disamina si analizzeranno anche i meccanismi creativi con cui la giurisprudenza di merito tenta di supplire a tali carenze, nonché i tentativi – per i casi che invece sono già penalmente rilevanti – di supplire all’assenza di una circostanza aggravante di omotransfobia.

The paper analyses the responses offered by Italian criminal law to discrimination against lgbtqia+ persons, firstly by analysing the different types of offences under which many forms of homotransfobia, both physical and verbal, can be subsumed. In the second part, on the contrary, the paper considers the gaps in protection: the cases of discrimination and propaganda for which criminal law has no instruments of prosecution and punishment. In the absence of ad hoc legislative intervention, therefore, there are forms of discrimination that find no sanction from our system and are therefore criminally permissible. In the course of the examination, we will also analyse the creative mechanisms with which the jurisprudence attempts to make up for these shortcomings, as well as the attempts – for cases that are already criminally relevant – to make up for the absence of an aggravating circumstance of homotransfobia.

Sommario

1. Introduzione. – 2. Punire la discriminazione lgbtqia+ con i reati esistenti. – 2.1. Ingiuria e diffamazione. – 2.2. Minaccia. – 2.3. Stalking. – 3. La “discriminazione” che non costituisce reato. – 3.1. La discriminazione “pura”. – 3.2. La propaganda “pura”. – 4. I tentativi di risposta in via giurisprudenziale. – 4.1. Il decoro collettivo del “movimento lgbt” – 4.2. Il diritto del lavoro. – 4.3. Una lacuna colmabile solo dal legislatore. – 5. I tentativi giurisprudenziali di colmare l’assenza di un’aggravante ad hoc – 5.1. Mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. – 5.2. Applicazione dell’aggravante comune dei motivi abietti o futili ex art. 61 c.p., n. 1. – 5.3. Mancata concessione della sospensione condizionale della pena. – 5.4. L’orientamento che applica comunque l’art. 604 ter c.p. – 5.5. Una giurisprudenza non univoca. – 6. Odio online e diritto penale impotente? – 7. Conclusioni.

La piena realizzazione del diritto all’affettività e alla sessualità dei detenuti alla luce della sentenza n. 10 del 2024 della Corte costituzionale

Francesca Moro

Dottoranda di ricerca in diritto penale, Università di Trento

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Con la sentenza n. 10 del 2024, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18 della Legge sull’ordinamento penitenziario (o.p.), nella parte in cui non prevede che la persona detenuta possa essere ammessa a svolgere i colloqui con il proprio partner, senza il controllo a vista del personale di custodia, quando non ostino ragioni di sicurezza, esigenze di mantenimento dell’ordine e della disciplina o ragioni giudiziarie. Ripercorse brevemente le tappe fondamentali che hanno condotto al riconoscimento dell’affettività intramuraria, anche in una declinazione fisica, il presente contributo intende analizzare nel dettaglio la decisione in oggetto, la quale suscita particolare interesse non solo per il suo contenuto, ma anche per la tecnica decisoria adottata dalla Corte – una sentenza additiva di principio – destinata a produrre i suoi effetti fin da subito nella realtà quotidiana degli istituti penitenziari.

In Judgment No 10 of 2024, the Italian Constitutional Court ruled that Article 18 of the Act on Penitentiary Order (o.p) is unconstitutional since it does not allow conjugal visits in prison, even when there are no security reasons to justify such restriction. After a brief description of the fundamental stages that led to the recognition of the prisoner’s right to sexuality, this paper analyses the above-mentioned judgment, which arouses particular interest not only for its content, but also for the decisional technique adopted by the Court which will produce its effects immediately.

Sommario

1. Il fondamentale contributo della Corte costituzionale in tema di diritti delle persone detenute – 2. La sentenza monito n. 301 del 2012: la Corte costituzionale bussa alla porta del legislatore – 3. Il legislatore non risponde: il Magistrato di Sorveglianza di Spoleto solleva nuovamente questione di legittimità costituzionale dell’art. 18 co. 3 o.p. – 4. La Consulta entra coraggiosamente dalla porta principale con una sentenza additiva di principio: sì ai colloqui intimi. – 4.1. L’irragionevolezza del divieto assoluto e l’irrinunciabilità di un bilanciamento, in concreto, tra interessi costituzionali. – 4.2. L’incongruo sacrificio imposto agli affetti del detenuto. – 4.3. Il pregiudizio alla persona nell’ambito familiare e relazionale e la frustrazione delle chances di reinserimento sociale. – 4.4. La necessità di un «fair balance» nella giurisprudenza di Strasburgo. – 4.5. Il vademecum finale della Consulta. – 5. Dai principi alla prassi: il rischio di possibili resistenze all’inveramento del diritto all’affettività e alla sessualità delle persone recluse.