Infezione da human papillomavirus come paradigma di differenza di genere: dalla clinica al diritto

Elena Consiglio, Vera Panzarella

Ricercatrice di Filosofia del Diritto e Professoressa Associata di Malattie Odontostomatologiche, Università di Palermo

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Il presente contributo propone una serie di riflessioni critiche circa le discriminazioni in ragione di genere e orientamento sessuale in materia di tutela della salute, riferite ad uno specifico contesto clinico-assistenziale, approfondito nell’ambito del progetto interdisciplinare “MAlattie trasmIssibili e praTiche sessuali: sAluTe, discRiminazione e Diritti” (“MAI TARDI”). Il progetto ambisce a creare un ponte tra le scienze sociali, in particolare di ambito giuridico, e il mondo medico. Il nucleo tematico del presente lavoro è lo studio delle relazioni demografiche, sociali e culturali correlate alla tutela della salute dai rischi di infezione persistente da HPV (fattore di rischio di diverse forme tumorali). L’articolo illustra le ragioni, i metodi, gli obiettivi e i risultati della fase preliminare della ricerca, che ha rilevato potenziali elementi di discriminazione di genere nei confronti delle donne, nonché discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale e altre violazioni del principio di eguaglianza. Alla luce dell’analisi dei risultati preliminari della ricerca vengono inoltre proposte soluzioni de iure condendo e sono formulate le linee di indagine che guideranno la ricerca futura.

This contribution provides critical reflections on the potential for discrimination based on gender and sexual orientation within the domain of health protection, focusing on a specific clinical-assistance context examined in depth through the interdisciplinary project “MAlattie trasmIssibili e praTiche sessuali: sAluTe, discRiminazione e Diritti” (“MAI TARDI”). The project seeks to bridge the social sciences—particularly in the legal field—and the medical world. The thematic core of this study revolves around demographic, social, and cultural factors influencing health protection against the risks posed by persistent HPV infection, a known risk factor for various forms of cancer. The article outlines the rationale, methods, objectives, and preliminary findings of the research’s initial phase. The results highlight potential elements of gender-based discrimination against women, as well as discrimination rooted in sexual orientation, alongside broader violations of the principle of equality. Based on an analysis of these findings, we propose de iure condendo solutions and outline key areas for future research that aim to address these disparities and promote equitable health outcomes.

Sommario

1. Introduzione. – 2. Un approccio interdisciplinare e olistico: ragioni, fabbisogno specifico, obiettivi, metodo e risultati preliminari della ricerca. – 3. Accesso alle cure: discriminazioni di genere, barriere socioeconomiche, religiose e culturali– 4. Accesso alla prevenzione: minore età e autodeterminazione, barriere giuridiche e culturali. – 5. Discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale nelle previsioni regolamentari. – 6. Conclusioni e prospettive future.

Il diritto ad essere diversi: oltre il binarismo nella rettificazione di sesso?

Giulia Sulpizi

Dottoranda di ricerca in Diritto, mercato e persona, Università Ca’ Foscari (Venezia) – Université Sorbonne Paris Nord (Paris)

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Nella società contemporanea emerge sempre più l’esigenza di non distinguere solamente tra genere maschile e femminile, dovendosi, piuttosto, dare atto, come riconosce anche la scienza medica, dell’esistenza del non binarismo. Con la l. n. 164/1982, in tema di procedimento di rettificazione di sesso, è stata introdotta in Italia una disciplina che, seppure innovativa per l’epoca della sua entrata in vigore, non include alcun tertium genus nell’ambito del transessualismo. Da qui, emerge la questione di legittimità costituzionale in via incidentale sollevata dal Tribunale di Bolzano, relativa all’art. 1 della suddetta legge in riferimento agli artt. 2, 3, 32 e 117, c. 1, Cost., in relazione quest’ultimo all’art. 8 CEDU. Alla luce, dunque, della precedente giurisprudenza costituzionale e del quadro comparatistico, esaminando quegli ordinamenti in cui si è affermata l’esistenza di un “diverso” rispetto alle classificazioni “uomo” e “donna”, ci si interroga se il sistema giuridico italiano possa giungere a riconoscere espressamente, nel proprio panorama costituzionale, il non binarismo. Partendo, infatti, dall’assunto che la stessa Carta del 1948 non sia improntata ad una netta logica duale, di bipartizione fra maschile e femminile, ci si interroga su quali siano le opportunità e le sfide cui tale innovazione condurrebbe, stante la necessità di tutelare, in prospettiva pluralista ed egualitaria, un mutamento sociale e culturale ormai ineludibile.

In contemporary societies we cannot distinguish anymore between male and female, but we have to consider the existence of non binary identities. Thanks to l. n. 164/1982, regarding the procedure for changing sex qualification, in Italy the possibility to be defined as a tertium genus has not been granted. Starting from this assumption, the Italian Constitutional Court has recently heard a case dealing with the compatibility between art. 1 of the above mentioned law and articles 2, 3, 32 and 117, c. 1 Cost., in relation with art. 8 ECHR. After a brief analysis of previous constitutional justice decisions and of other legal systems, that acknowledge non binary people, we can then take into account whether is it possible in our country to give a legal status and recognition to non binarism. Having in mind that the Italian Constitution itself does not mention a strict division among sexes and genders we can examine which are the main pros and cons of this possible legislative innovation, in order to create a more inclusive and cohesive society.

Sommario

1. Per chiarire dei concetti fondamentali: binarismo e non binarismo. – 2. La questione sottoposta alla Corte costituzionale. – 3. Il composito quadro giurisprudenziale nazionale. – 4. I precedenti della Corte Edu – 5. Il panorama comparato. – 6. La soluzione del giudice delle leggi. – 7. Opportunità e criticità della soluzione adottata. – 7.1 Considerazioni conclusive.

Sui discorsi d’odio omofobi. Il caso della Svizzera in prospettiva comparata

Micol Ferrario

Assegnista di ricerca, Università di Torino

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Il presente contributo offre un’analisi comparata di alcune delle più significative riforme sui discorsi d’odio omofobi e, attraverso l’approfondimento del caso svizzero, mette in evidenza la necessità di riconoscere una tutela anche contro gli atti perpetrati in base all’identità di genere. Dopo avere esaminato le legislazioni sui discorsi d’odio omofobi vigenti in alcuni Stati del Consiglio d’Europa, l’articolo si concentra sulla Svizzera ove, nel 2020, è stata estesa la portata dell’art. 261bis del Codice penale agli atti di discriminazione e incitamento all’odio perpetrati in forza dell’orientamento sessuale. Il Tribunale federale ha per la prima volta applicato questa fattispecie nella sentenza 6B_1323/2023, dalla cui analisi si evince la necessità di dovere provvedere una tutela anche per le persone transgender e intersex.

This article offers a comparative insight on some of the most meaningful revisions on homophobic hate speech and through the Swiss case study underlines the need to acknowledge a protection also against the violations grounded on gender identity. After the examination of the legislations on homophobic hate speech applied in some Member States of the Council of Europe, the paper focuses on Switzerland where, in 2020, the scope of art. 261bis of the Swiss Criminal Code has been extended to the acts of discrimination and incitement to hatred based on sexual orientation. The Swiss Federal Tribunal convicted for the first time a person for this offence in judgment 6B_1323/2023, whose analysis brings out the need to provide a protection also for transgender and intersex people.

Sommario

1. Introduzione. – 2. La criminalizzazione dei discorsi d’odio omofobi in prospettiva comparata. – 3. I discorsi d’odio omofobi in Svizzera: la modifica dell’art. 261bis del Codice penale svizzero. – 4. La sentenza 6B_1323/2023 del Tribunale federale svizzero. – 5. Riflessioni conclusive.

Il malinteso della donna come vittima vulnerabile: il diritto penale di fronte ai gender-based crimes

Antonella Massaro

Professoressa Associata di diritto penale, Università “Roma Tre”

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Il contributo, muovendo da una critica dell’idea di una vulnerabilità “intrinseca” della donna vittima di reati di genere, propone le possibili linee di una riforma che, nell’ordinamento penale italiano, attribuisca specifico rilievo ai gender-based crimes. Si propone, anzitutto, il superamento del concetto di “violenza di genere”, a favore di una più generale categoria dei “reati di genere”, capace di valorizzare più la causa della condotta che le concrete modalità di realizzazione della stessa. L’obiettivo della individuazione dei reati di genere, come categoria diversa e ulteriore rispetto ai fenomeni riconducibili alla violenza domestica, potrebbe perseguirsi, tra l’altro, attraverso l’introduzione di una circostanza aggravante comune, che, appunto, valorizzi la commissione del reato per “motivi” (oggettivamente intesi) legati al genere. Una riforma di questo tipo dovrebbe risultare ispirata, più che dall’esigenza dell’ennesimo innalzamento delle pene, dall’obiettivo di riallineare sistematicamente la legislazione penale alle istanze di tutela derivanti dalle fonti non nazionali.

The essay, starting from a criticism of the idea of an “intrinsic” vulnerability of women victims of gender-based crimes, proposes a possible reform that, in the Italian criminal system, would give specific relevance to gender-based crimes. It proposes, first of all, the overcoming of the concept of gender-based violence, in favour of a more general category of gender-based crimes, in order to valorize the cause of the behaviour more than the concrete modalities of its realisation. The purpose of enhancing gender crimes, as a different and additional category from domestic violence, could be pursued, inter alia, through the introduction of a common aggravating circumstance, based, precisely, on the commission of the crime for “motives” (objectively understood) linked to gender. A reform such as this should be inspired, rather than by the need for the increase in penalties, by the purpose of systematically realigning the criminal legislation to the instances of protection deriving from non-national sources.

Sommario

1. Femminismo giuridico e diritto penale: coordinate di un binomio complesso – 2. Uguaglianza: a) il dilemma del femminismo – 2.1. b) la violenza di genere sul banco di prova delle “discriminazioni alla rovescia” – 3. Vittima: a) il malinteso della vittima nella riflessione di Tamar Pitch – 3.1. b) il ruolo secondario della vittima nel sistema penale di matrice illuministico-liberale – 4. Vulnerabilità: a) la persona vulnerabile nelle scienze sociali e nella prospettiva femminista – 4.1. b) la condizione di particolare vulnerabilità “agli effetti della legge penale” – 4.2. La “vulnerabilità” della donna vittima di violenza di genere – 5. Le specificità della violenza di genere: coordinate definitorie – 5.1. La violenza di genere: la lettura oggettiva del “motivo di genere” – 5.2. La violenza contro le donne – 5.3. La violenza domestica – 5.4. La (necessaria) distinzione tra violenza domestica e violenza di genere – 6. Un possibile percorso di riforma: a) dalla gender-based violence ai gender-based crimes – 6.1. b) introduzione di una circostanza aggravante comune – 6.2. c) introduzione di cause di non punibilità e/o di una circostanza attenuante comune – 7. L’ipocrisia degli argomenti fondati sul diritto penale come extrema ratio e sui rischi di una pan-penalizzazione.