“Un affare non solo di donne”: la sentenza Dobbs v. Jackson (2022) e la Costituzione “pietrificata”

Paolo Veronesi

Professore Ordinario di diritto costituzionale, Università di Ferrara

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Nell’articolo si esamina la sentenza Dobbs della Supreme Court statunitense in materia di aborto, mettendone in luce il particolare approccio all’interpretazione costituzionale di stampo originalista, le controindicazioni di una simile scelta e le conseguenze che ne necessariamente deriveranno (al di là del ribaltamento dello stare decisis di cui alla celebre sentenza Roe del 1973 e seguenti).

The article examines the U.S. Supreme Court’s Dobbs ruling on abortion, highlighting its particular originalist approach to constitutional interpretation, the contraindications of such a choice, and the consequences that will necessarily follow (beyond the reversal of stare decisis referred to in the 1973 Roe famous ruling and following).

Sommario

1. Quando è la composizione di un organo di garanzia a costituire un problema. – 2. L’aborto: una questione solo di competenze? – 3. C’è originalismo e originalismo… 4. Una scelta interpretativa poco consona alla mission della Costituzione. – 5. Segue: un esperimento “sul campo”. – 6. Dietro l’angolo: un attacco a tanti diritti. – 7. Segue: le conseguenze per tutti (e non solo per le donne). – 8. Una decisione nient’affatto neutrale. – 9. Una Supreme Court delegittimata e dalla giurisprudenza ormai inaffidabile.

Una marcia indietro lunga cinquant’anni: la sentenza della Corte Suprema americana Dobbs v. Jackson in tema di aborto

Elena Falletti

Ricercatrice di diritto privato comparato presso Università Carlo Cattaneo, LIUC

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Lo scopo dell’articolo è di analizzare il contesto e i contenuti della sentenza della Corte Suprema statunitense Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization che ha effettuato l’overruling dei precedenti federali Roe v. Wade e Planned Parenthood v. Casey negando la copertura della Costituzione e del Bill of Rights sugli abortion rights. In particolare viene enucleato il rapporto tra la dottrina dell’incorporation e quella della lettura originalista del testo costituzionale, per proseguire nell’indagine delle diverse opinioni depositate dai Supremi e verificare la ricostruzione del quadro giuridico statunitense in vigore successivamente alla emanazione della decisione Dobbs. Infine vengono elaborate alcune riflessioni comparatistiche in relazione con l’ordinamento italiano in materia.

This article aims to analyse the context and contents of the US Supreme Court’s decision Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization. This ruling overruled the federal precedents Roe v. Wade and Planned Parenthood v. Casey refusing the Constitution and Bill of Rights coverage on abortion rights. In particular, this article focuses on the relationship between the interpretation of the incorporation doctrine and the originalist one of the American Constitution. It continues investigating the opinions filed by the Supreme Court Justices and verifying the US legal framework in force after the Dobbs decision has been delivered. Finally, some comparative reflections are elaborated on the Italian legal system on this subject.

Sommario

1. Introduzione: una decisione con valenza extragiuridica. 2. Il possibile passaggio di consegne tra la dottrina dell’incorporation e la dottrina originalista. 3. History and/or Law? La visione di retroguardia della majority opinion. 4. Gli alfieri del nuovo corso: le concurring opinion dei Justice Thomas, Kavanaugh e Roberts. 5. L’arrocco dei Justice dissidenti Breyer, Kagan e Sotomayor. 6. L’intricato mosaico normativo post-Dobbs v. Jackson e la risposta del corpo elettorale. 7. Conclusioni.

Diffamazione e hate speech: quando il giudizio non è meramente critico ma discriminatorio in ragione dell’orientamento sessuale

Antonella Madeo

Professoressa associata di Diritto penale, Università degli studi di Genova

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Nella sentenza in esame, Corte di Cassazione, quinta sezione penale, ud. 28 aprile-dep. 5 luglio 2022, n. 25759, la Cassazione affronta un tema classico: i confini tra esercizio del diritto di critica e diffamazione. Il caso, peraltro, presenta una peculiarità che, a quanto ci consta, non ha precedenti: il giudizio critico su cui verte la vicenda appare discriminatorio in ragione dell’orientamento sessuale del destinatario. Esso è rivolto, infatti, ad un’associazione in ragione delle sue finalità statutarie, rappresentate dalla lotta contro le discriminazioni e dalla promozione dell’inclusione sociale delle persone omossessuali. Il pregio della pronuncia è avere attribuito per la prima volta al giudizio diffamatorio discriminatorio valenza di hate speech, sulla falsariga dell’orientamento della giurisprudenza europea, nonché avere sottolineato la rilevanza dell’attualità del fatto oggetto di critica ai fini della pertinenza.

In the decision, Italian Court of Cassation, fifth criminal section, hearing on April 28th published on July 5th 2022, no. 25759, the Cassation deals with a classic theme: the boundaries between the exercise of the right to criticize and defamation. The case, moreover, presents a peculiarity which, as far as we know, is unprecedented: the critical judgment on which the story relates appears to be discriminatory due to the sexual orientation of the addressee. In fact, it is addressed to an association due to its statutory purposes, represented by the fight against discrimination and the promotion of the social inclusion of homosexual people. The merit of the decision is to have attributed for the first time to the discriminatory defamatory judgment the value of hate speech, according to the European case-law, as well as to have underlined the relevance of the actuality of the fact object of criticism for the purposes of pertinence.

Sommario

1. Il fatto. – 2. La vicenda giudiziaria. – 3. I requisiti per l’esercizio legittimo del diritto di cronaca, di critica, di satira. – 4. Le argomentazioni della Cassazione. – 4.1. Sulla veridicità del nucleo fattuale. – 4.2. Sull’attualità qualificante l’interesse pubblico. – 4.3. Sulla qualificazione del giudizio dissenziente come critica politica. – 4.4. L’intento, il contenuto e la forma discriminatoria: gli estremi dello hate speech. – 4.5. Sul limite della continenza. – 5. Osservazioni conclusive.

Status personali e libertà di circolazione delle persone minori d’età: la Corte di giustizia amplia la tutela del diritto alla vita familiare

Caterina Murgo

Professoressa Associata di Diritto privato, Università di Pisa

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Il lavoro si sofferma su una vicenda caratterizzata dalla omogenitorialità al femminile, sulla quale, successivamente alle conclusioni rese dall’avvocato generale, si è pronunciata la Corte di giustizia.

The paper is about a rule of the European court of justice, due to a homosexual female couple and the birth card of the daughter born in Spain. The court admits the right to moving on of the child through the European countries within her parents as a fundamental right of the European citizens.

Sommario

1. Rapporti familiari e circolazione nell’Unione europea. – 2. Esercizio dei diritti nell’Unione e relazioni familiari. – 3. Intervento statale, discrezionalità e principio di proporzionalità. – 4. L’interesse del minore, tra limiti e controlimiti per un tentativo di armonizzazione.

Il diritto all’interruzione di gravidanza nell’ordinamento statunitense, con innovativi e controversi profili processuali. Le leggi del Texas e del Mississippi al vaglio della Corte Suprema

Dimitri Girotto

Professore associato di Diritto Costituzionale, Università di Udine

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

L’articolo prende in esame due casi giudiziari pendenti davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti, nei quali vengono in rilievo le discipline legislative dell’interruzione di gravidanza, rispettivamente del Texas e del Mississippi. I casi mettono in evidenza muovi profili di carattere processuale e sostanziale, inducendo il dubbio sulla tenuta dei fondamentali precedenti della Corte in materia, Roe v. Wade e Planet Parenthood of Pennsylvania v. Casey.

The article examines two cases pending before the US Supreme Court, dealing with two abortion laws passed in Texas and Mississippi. New procedural and substantive elements arise, putting fundamental judicial precedents, such as Roe v. Wade and Planet Parenthood of Pennsylvania v. Casey, at risk of being overruled.

Sommario

1. Considerazioni introduttive. – 2. La legge del Texas e i tentativi di pre-enforcement challenge. – 3. La pronuncia della Corte Suprema sulle questioni concernenti il diritto ad agire in giudizio. – 4. Ulteriori tentativi di pre-enforcement challenge della SB 8. – 5. La legge dello Stato del Mississippi. Considerazioni conclusive.

Riflessioni in tema di violenza sulle donne migranti: un caso emblematico

Alessia Valongo

Professoressa associata di Diritto privato, Università di Perugia

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Il lavoro, di stampo interdisciplinare, prende spunto dalla critica di un recente provvedimento del Pubblico ministero di Perugia, che ha disposto l’archiviazione di una denuncia per maltrattamenti familiari esposta da una donna di origine marocchina. La donna era costretta dal marito a subire numerose imposizioni, tra le quali l’obbligo di indossare il velo islamico. Secondo il sostituto procuratore, l’imposizione del velo non integra, di per sé, gli estremi del reato, rientrando nel quadro culturale dei soggetti interessati dalla vicenda. Dopo aver richiamato la recente evoluzione della giurisprudenza penale in funzione protettiva delle vittime di violenza familiare, il commento della richiesta di archiviazione, successivamente revocata dal capo della Procura, è l’occasione per svolgere riflessioni sulle interconnessioni fra la tradizione del velo islamico e il tema della lesione dei diritti fondamentali delle donne musulmane. L’analisi dimostra che l’usanza del velo non è un emblema della sottomissione femminile, ma una manifestazione della propria identità religiosa, culturale e politica, che, tuttavia, va ritenuta meritevole di approvazione nei limiti in cui non sia utilizzata come strumento di violazione di «principi universali» e, nella specie, come mezzo di violenza verso il genere femminile.

The paper criticizes a recent decision issued by the Public Prosecutor of Perugia, which rejected an accusation of domestic violence made by a Muslim woman. The woman, of Moroccan origin, was forced by her husband to many impositions and, in particular, she was obliged to wear the Islamic veil. According to the prosecutor, the imposition of the veil is not a crime, but an expression of the Islamic cultural background. This paper focuses on the meaning of the Muslim veil, analysing its impact on the protection of the fundamental rights of Muslim women who are particularly vulnerable persons. The article shows that the Islamic veil is not an emblem of female submission, but a sign of women’s freedom, an expression of their own religious, cultural and political identity. However, this tradition is worthy of approval provided that it is not used as an instrument of violation of “universal principles” and, in particular, as a means of coercion towards the female gender.

Sommario

1. La vicenda: la sottostima dei fatti da parte del Pubblico ministero. – 2. La recente evoluzione della giurisprudenza penale in funzione protettiva delle vittime di violenza familiare. – 3. La critica all’ordinanza di archiviazione tra diritto, religione e tradizioni del Marocco. – 4. Pluralismo sociale, principio di differenziazione e libertà delle donne musulmane di indossare il velo islamico. – 5. La coesistenza e la pari dignità tra culture diverse non giustifica fatti di violenza di genere. – 6. Considerazioni conclusive: l’importanza dei rimedi civilistici e la centralità della soluzione socio-culturale-educativa

Hate Crimes, Social Media and Criminal Law. Hints on the Recent Italian Legislative Proposal Against Incitement to Discrimination and Hate

Luciana Goisis

Professoressa Associata di Diritto Penale, Università di Sassari

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

The essay thematizes the category of hate crimes, to which, beyond racial and religious hate crimes, homotransphobic, gender-based and disability-based hate crimes are also ascribed, as shown by the comparative perspective. Dealing deeply with the criminological profiles with particular reference to the relationship between hate crimes and hate speeches and the reality of social media, the essay develops some reflections on the recent Italian legislative proposal, approved in the Chamber, aimed at amending Articles 604-bis and ter of the Criminal Code, on violence or discrimination on grounds of sex, gender, sexual orientation, gender identity or disability. The reform introduces measures to prevent and combat these forms of discrimination, alongside the measures already envisaged for racial, ethnic and religious discrimination, and is aimed at combating two similar phenomena such as homophobia and misogyny (or rather sexism), phenomena no longer acceptable for modern societies, nor for contemporary criminal law, as well as to complete the frame of protection of disabled persons. The essay concludes wondering about the effectiveness of the reform with regard to online hate crimes.

Il saggio tematizza la categoria dei crimini d’odio, alla quale vanno ascritti, oltre ai crimini d’odio razziale e religioso, anche i crimini d’odio omotransfobico, di genere e per disabilità, come dimostra la prospettiva comparata. Svolta una attenta analisi dei profili criminologici con particolare riferimento al rapporto fra crimini nonché discorsi d’odio e realtà dei social media, il saggio sviluppa alcune riflessioni sulla recente proposta di riforma legislativa italiana, attualmente approvata alla Camera, volta a modificare gli artt. 604-bis e ter c.p., in materia di violenza o discriminazione per motivi di sesso, di genere, di orientamento sessuale, di identità di genere o per disabilità. La novella introduce misure di prevenzione e di contrasto a tali forme di discriminazione, accanto alle misure già previste per le discriminazioni razziali, etniche e religiose, ed è finalizzata a combattere due fenomeni assimilabili quali l’omofobia e la misoginia (o meglio il sessismo), fenomeni non più accettabili per le società moderne, così come per il diritto penale contemporaneo, nonché a completare il quadro di tutela dei soggetti disabili. Il saggio si conclude interrogandosi sull’effettività della riforma rispetto ai crimini d’odio in rete.

Sommario

1. Premise. – 2. The criminological perspective. Hate crimes, hate speeches and social media. – 3. The Italian legislative panorama. – 4. The recent bill approved in the Italian Chamber of Deputies: a needed reform. – 5. Conclusion. A useful discipline also for online hate crimes?

La parità di genere nelle elezioni dei piccoli Comuni: quali garanzie per l’uguale accesso alle cariche elettive? Note a margine di Consiglio di Stato, Sez. III, ord. 4 giugno 2021, n. 4294

Paola Torretta

Professore Ordinario di Diritto costituzionale, Università di Parma

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Il Consiglio di Stato, con ordinanza 4 giugno 2021, n. 4294,  ha sollevato questione di legittimità costituzionale rispetto alla disciplina del procedimento elettorale per le elezioni dei Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, nella parte in cui non assicura la necessaria rappresentanza di entrambi i generi nelle liste elettorali e perché non prevede il “regime sanzionatorio sub specie “esclusione della lista” per le liste elettorali presentate in violazione del principio di parità dei sessi. L’autore, pur condividendo le motivazioni che sostengono la non conformità a Costituzione della normativa impugnata, esprime perplessità rispetto alla richiesta di una pronuncia additiva di prestazione, in ragione della consolidata giurisprudenza costituzionale sulla discrezionalità del legislatore in materia elettorale.

The Council of State referral order of June 4, 2021, n. 4294 raised the question of unconstitutionality of the legislation concerning the electoral procedure for the elections of municipalities with a population of less than 5,000 inhabitants “in the part it does not provide for the necessary representation of both genders in the electoral lists” and because it does not provide for the “sanctioning regime sub specie “exclusion of the list”” for the electoral lists presented in violation of the principle of equality between men and women. The author, while sharing the reasons supporting the non-compliance of the contested rules with the Constitution, expresses perplexity with respect to the request for a ‘benefit additive’ judgement, due to the consolidated orientation of the Constitutional court about legislative discretion in the field of the electoral rules.

Sommario

1. La legge n. 215/2012 e i diversi livelli di tutela dell’eguale accesso alle cariche elettive nelle elezioni Comunali: l’assenza di ‘quote di genere’ per le liste dei Comuni sotto i 5.000 abitanti. – 2. La parità di genere nelle elezioni dei piccoli Comuni: una garanzia costituzionalmente necessaria o un mero auspicio del legislatore? – 3. Quella ‘singolare’ questione di legittimità costituzionale: la richiesta di un’additiva di prestazione in materia elettorale? – 4. I possibili sviluppi del giudizio di costituzionalità: osservazioni conclusive.

«Note verbali» e discriminazioni di genere. Un esempio di ingerenza diplomatica

Pierluigi Consorti

Professore ordinario di diritto ecclesiastico e canonico, Università di Pisa

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Questo contributo trae origine dalla «Nota verbale» invita dalla Santa Sede all’Italia per manifestare la sua contrarietà verso un disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati e ancora all’esame del Senato (DDL Zan contro l’omofobia). L’analisi si muove sul piano scientifico riassumendo in via preliminare i fatti, poi trattando i temi di carattere pattizio e infine toccando alcuni profili di merito. L’intento è quello di mettere in luce sia l’illegittimità giuridica dell’intervento diplomatico in considerazione del principio di non ingerenza negli affari interni di un altro Stato, sia la sua inappropriatezza sul piano della mancata protezione dei diritti delle persone LGBT+.

This essay originates from the «Verbal Note» that the Holy See sent to the Italian Government to express its opposition against a draft law approved by the Chamber of Deputies and still under examination by the Senate (DDL Zan against homophobia). The analysis moves on a scientific level by a preliminary brief history of events, it later deals with the issues of legal relations between State and Church, and finally examines some substantial profiles. The intent is to highlight both the legal illegitimacy of diplomatic intervention in the light of the principle of non-interference in the internal affairs of another State, and its inappropriateness in terms of the lack of protection of the rights of LGBT+ people.

Sommario

1. Premessa – 2. «Nota verbale» e regime concordatario – 3. «Nota verbale» e discriminazioni di genere – 4. Conclusione.

Aborto e declino democratico in Polonia: una riflessione a margine della sentenza del Tribunale costituzionale del 22 ottobre 2020

Elena Caruso

Dottoranda di ricerca, Kent Law School

Marco Fisicaro

Dottorando di ricerca, Università degli Studi di Catania

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

L’articolo analizza gli sviluppi socio-giuridici concernenti la legislazione sull’aborto in Polonia in seguito alla sentenza del Tribunale costituzionale polacco del 22 ottobre 2020, con la quale è stata dichiarata l’incostituzionalità dell’ipotesi di accesso all’aborto per malformazioni fetali. Questo commento sostiene che, più che eccezionali, questi eventi risultano in realtà uno sviluppo coerente sia alla luce della legislazione e della policy in materia di aborto della Polonia post-comunista, che nel quadro del declino democratico che sta attraversando il Paese dalla fine del 2015.

The article considers recent socio-legal developments regarding abortion law in Poland after the Constitutional Tribunal’s ruling of 22 October 2020, which declared access to abortion in case of foetal abnormalities unconstitutional. This comment argues that, rather than exceptional, these events are actually consistent with the law and policy on abortion in Post-Communist Poland, as well as with the democratic backsliding facing the country since the end of 2015.

Sommario

1. Premessa – 2. L’aborto nella Polonia post-1989 – 2.1. La riforma “controcorrente” del 1993 – 2.2. L’accesso all’aborto in Polonia: l’everyday life della legge del 1993 – 2.3. L’aborto legale nei casi originariamente previsti dalla legge del 1993 – 2.4. La sentenza del Tribunale costituzionale polacco del 22 ottobre 2020 – 3. L’intreccio con la crisi costituzionale in Polonia – 3.1. La parabola del Tribunale costituzionale e il nodo della composizione – 3.2. Il ritardo nella pubblicazione della sentenza – 4. Conclusioni